Categoria: GC primo piano

  • Storia illustrata di Campi Aperti

    Storia illustrata di Campi Aperti

    15 anni di autogestione alimentare

  • Sottoscriviamo e ripubblichiamo la risposta di una contadina alla senatrice Cattaneo

    Cara senatrice Cattaneo, proviamo brevemente a rispondere al suo articolo “Il biologico? Sì fa bene. Ma solo a chi produce”, che nei giorni scorsi ha suscitato diverse polemiche. È scritto con grande astuzia e ad una prima lettura suscita disdegno e disapprovazione, soprattutto per le parole rivolte agli agricoltori biologici e al consumo critico. Ma la sua astuzia è stata proprio in questo attacco frontale al mondo del biologico, che ha catalizzato l’attenzione del lettore spostandola dal vero tema che troviamo solo in conclusione. Sì perché, parliamoci chiaro, questo non è il primo degli articoli scritti per mano di ricercatori o scienziati che hanno come vero obiettivo quello di promuovere le nuove biotecnologie e di legittimare gli ingenti finanziamenti pubblici destinati proprio alla ricerca sulle nuove tecniche di breeding, in particolare il genome editing e la cisgenesi. La scorsa estate il governo italiano ha infatti approvato e finanziato il progetto “Biotecnologie sostenibili per l’agricoltura italiana” con 8 milioni di euro, ma questo Senatrice, lo sa meglio di noi! Le sue posizioni, fortemente ideologiche, sul biologico e la sottile accusa di conservatorismo verso coloro che rifiutano l’agrochimica non sono altro che la costruzione di una narrazione tossica, che ha l’obiettivo di promuovere culturalmente le ultime acquisizioni dell’ingegneria genetica. È proprio di questo che ci parla nell’articolo quando afferma “ora possiamo cambiare poche lettere nel DNA e rendere la pianta resistente a parassiti riducendo irrorazioni di antiparassitari ed erbicidi”, semplificando all’estremo delle tecniche di manipolazione genetica, come se fossero “lavoretti di taglia e cuci”, ci vuole far credere che l’uomo può plasmare la natura a suo piacimento senza alcuna controindicazione. E lo fa sostenendo, in maniera fideistica più che critica e scientifica, che questa sia l’unica linea di ricerca possibile, la sola strada percorribile. Cara senatrice le nuove biotecnologie non sono altro che la prosecuzione sotto mentite spoglie della Rivoluzione Verde (che lei infatti non perde occasione di difendere) e dell’agricoltura industriale che ha contribuito alla crisi ecologica e climatica che oggi viviamo, alla quale i produttori, non solo biologici, e i consumatori critici cercano di porre rimedio. Con il sostegno della ricerca potrebbero farlo molto meglio e più efficacemente. Ma la strada imboccata, purtroppo, è un’altra.

  • CampiAperti tra i Mapuche

    CampiAperti tra i Mapuche

    APPUNTI DEL VIAGGIO DI DOMENICO IN  ARGENTINA E CILE

    Mari mari lanmneg y peñi! Un saluto alle sorelle e i fratelli!

    Mi trovo da più di una settimana a Temuco, la capitale della regione dell’Araucania in Cile. Precisamente in un accampamento davanti al carcere maschile, dove da 5 anni è detenuto il Machi Celestino Cordova, che da 66 giorni è in sciopero della fame. Da una ventina
    di giorni, fuori dal carcere, c’è un accampamento composto da mapuche e Winka (non mapuche). La presenza di tale accampamento serve a dare maggiore risalto a quanto il Machi Celestino richiede, cioè poter uscire dal carcere per tornare al suo Rewe (luogo sacro) per 48 ore per poter rinnovare il proprio spirito.
    Ma facciamo un passo indietro: chi sono i mapuche, cos’è un Machi, che cosa sta succedendo a questo popolo: MAPUCHE (termine composto dalle parole mapudungun Che, "Popolo", e Mapu, "della Terra") sono un popolo amerindo originario del Cile centrale e meridionale e del sud dell'Argentina (Regno di Araucanía e Patagonia). In spagnolo sono talvolta indicati come araucanos (Araucani). Quanto all'origine di quest'ultima denominazione, due sono le scuole di pensiero: c’è chi sostiene che nasca dalla parola quechua awqa (che significa ribelle), e chi invece giudica più attendibile la sua derivazione dal nome geografico mapuche ragko,che vuol dire "acqua argillosa". I mapuche hanno un’economia  basata sull’agricoltura; la loro organizzazione sociale è sviluppata in famiglie estese, sotto la
    direzione di un
    lonco (capo), sebbene in tempi di guerra si possano unire in gruppi più
    larghi ed eleggere un
    tochi (portatore d'ascia) per guidarli. I mapuche sono una etnia composta da numerosi gruppi che condividono tra loro la stessa struttura sociale, religiosa ed economica, così come un’eredità linguistica comune. La loro influenza si estende tra il fiume Aconcagua e la pampa argentina. I mapuche sono gli attuali eredi culturali e di discendenza biologica di un processo di popolamento che affonda le sue radici a più di 12000 anni fa. Se avete voglia di approfondire, vi invito a leggere questo articolo che riassume in maniera precisa e puntuale la storia dei mapuche dalla “scoperta dell’America” ad oggi

    .
    https://ecomapuche.com/index.php/2010/08/21/i-mapuche-due-stati-un-solo-popolo/
    https://ecomapuche.com/index.php/2017/11/15/largentina-mapuche-cronaca-di-ettari-di-terra-macchiati-col-sangue/

    Che cosa sta succedendo al popolo mapuche.

    Una volta compreso chi sono i mapuche, che cosa hanno subito in questi ultimi secoli e cosa continuano a sopportare in questi ultimi anni, vi racconto quello che ho visto e vissuto in questi giorni. Il mio viaggio verso le comunità mapuche è iniziato per caso. Mi trovavo dal lato della cordigliera argentina, tra Bariloche e San Martin de los Andes; lì ho conosciuto una ragazza della comunità curruinca, “che bello, sto per conoscere una vera indiana!”. Davanti a me si presenta una ragazza come tante altre, molto cordiale, Soledad è il suo nome (solidale), una studentessa di
    diritto all’ultimo anno. Con molta pazienza mi dedica tutto il pomeriggio e mi spiega come funziona la sua comunità, come sono strutturati, che funzioni hanno le varie cariche e soprattutto come prendono le decisioni comuni.
    Tutte le decisioni si prendono in assemblea, che viene fatta almeno una volta ogni due mesi. Se c’è la necessità si possono convocare anche più assemblee a breve termine. Le decisioni si prendono per unanimità, oppure si vota. Le assemblee nella loro comunità si convocano tramite radio FM. La loro struttura è la seguente: Lonko= testa. Può essere un uomo o una donna e viene eletto direttamente dall’assemblea Inal lonko= seconda testa Huer quen= messaggero Le chiedo se hanno mai avuto qualche problema con lo stato argentino. Lei mi racconta una storia molto triste di quando era bambina. Parte della sua comunità fu sgomberata dalla polizia e vide suo padre e suo zio menati dagli stessi. Adesso vive con la sua famiglia in un luogo concessogli tramite un progetto comunitario (è un luogo fantastico, l’ho visitato qualche giorno dopo). Continuiamo a parlare ancora un po’ dell’attuale conflitto che vivono alcune comunità, soprattutto piu’ a sud, nel Bolson, dov’è stato
    ucciso Santiago Maldonado per mano della polizia. Soledad mi racconta che tra le varie comunità c’è un obiettivo specifico, quello della riappropriazione della loro terra ancestrale che gli è stata
    tolta. Ma ogni comunità adotta proprie strategie… Aimè, purtroppo anche a 20.000 km di distanza la retorica del mapuche buono e del mapuche cattivo, dei violenti e dei non violenti, di chi collabora con lo stato e di chi fa gli scontri con la polizia, di chi vende le
    proprie terre alla faccia degli antenati ancestrali e di chi, bruciando camion, chiede che sia fatta giustizia per i suoi famigliari in carcere. Vittime di complotti politici e di interessi di grandi aziende multinazionali. Soledad mi confessa che il suo vero scopo nella vita è diventare un’avvocata per difendere la sua famiglia e la sua comunità. Mi dice che non ama la violenza e non vorrebbe che alla sua cumunità succedesse quello che sta succedendo in Cile. Ma è ben consapevole che i winka sono capaci di tutto, e che in fondo i mapuche sono anche dei guerrieri, e del resto sono stati anche gli unici in tutte le americhe a resistere agli imperi coloniali fino ad oggi. Le auguro tutto il meglio e gli regalo una borsina di tela di Campi Aperti!
    La divisione non fa bene a nessuno. Dopo aver girato per il nord della patagonia argentina decido allora di
    andare dove la repressione è più forte, quindi oltrepasso le Ande e dopo qualche giro turistico (concedetemelo) arrivo appunto a Temuco, IX regione del Cile, anche detta Araucania per via dei suoi alberi endogeni, le araucarie. Le araucarie oggi purtroppo sono minacciate dai boschi di pino (qui chiamati pico pico) e di eucalipto, ma questo è un altro tema…

    Il 12 Marzo, a Temuco, il Machi è al cinquantanovesimo giorno di sciopero della fame Subito mi dirigo all’università cattolica dove incontro il mio contatto Ximene Alarcon, una professoressa di Antropologia che insegna diritto umano e storia delle migrazioni. Un’altra persona con cui passo tutto il pomeriggio parlando. Dopo averle fatto venire quasi un embolo per rispondere a tutte le mie domande mi invita ad una sua lezione per il giorno seguente… Alla sera mi incammino di fronte al carcere. Ci sono circa una quindicina di persone sedute intorno al fuoco, si sono accampati con tende in un giardinetto che divide le due carreggiate. Sono per lo più
    ragazzi winka, pochi mapuche, e appena mi vedono rimangono tutti in silenzio. Provo a salutare, mi rispondono a mezza bocca due persone, mi guardano come se fossi un alieno, non so che dire. Provo a chiedere di una tale Giovanna Tafilu, che per caso avevo visto qualche giorno prima in un’intervista su youtube fatta proprio davanti al carcere. Mi rispondono che non c’è, che è andata a Santiago con la rete di appoggio per il Machi presso l’ufficio per i diritti umani. Visto che non riuscivo a parlare con nessuno, capisco che forse non è aria e che senza “credenziali” non potevo far parte del gruppo, allora saggiamente decido di salutare e
    tornare nella casa dove ero ospite.

    13 Marzo sessantesimo giorno di sciopero della fame

    Dopo una veloce colazione mi dirigo in università, “Accidenti, sono emozionato, non vado ad una lezione da anni e sono pure in ritardo...” accelero il passo, poi mi calmo e mi ricordo che sono comunque in Sud America… Finalmente arrivo a lezione, Ximena e’ una professoressa straordinaria, presenta la sua materia in modo semplice e costruttivo, parla di problematiche attuali e pone esempi concreti di governance, politica istituzionale e rivendicazioni
    indigene. La lezione fila liscia fino a quando lei non inizia a fare domande, “Adesso mi chiama, mi chiama…” ebbene non mi son potuto tirare indietro… Lo scopo della lezione era quello di capire su che cosa sono basati i diritti umani e le domande a cui dovevamo rispondere per conoscerci tra studenti vertevano su il TUWUN (territorio, concetto geopolitico, ecosistema) e KUPAL (famiglia, radici). La discussione chiaramente si anima dopo le mie risposte essendo l’unico europeo in classe…
    Comunque anche qui tutto fila liscio, alla fine della lezione capisco il perché di tutti i suoi riferimenti in mapungdun (lingua mapuche) e  capisco che come fuori anche in quell’aula c’era uno spaccato di società. Non tutti sanno da dove provengono realmente, non tutti sono tolleranti verso chi ha origini diverse dalle loro, non è scontato per i ragazzi tollerare i mapuche anche se questi hanno parte del loro stesso sangue, e non è scontato per una ragazza o ragazzo mapuche accettare le proprie origini e tutto quello che ne consegue… Ringrazio Ximene dell’esperienza e mi dirigo di nuovo al carcere. La situazione è sempre la stessa, oggi ci sono molte più persone. Nessuno parla con me, oggi ci sono tanti lavori da fare, ci sono dei preparativi da compiere entro il giorno seguente. Cerco di entrare nelle loro grazie stando zitto e mettendomi a lavorare di buona lena. Solo dopo alcune ore qualcuno inizia a parlarmi. Chiaramente mi fanno il terzo grado, forse nei loro panni io avrei fatto lo stesso.
    Sono tutte e tutti militanti politici, alcuni venuti appositamente a Temuco per sostenere la causa del Machi Celestino. Anche se la maggior parte non sono mapuche cercano tutti di parlare il
    Mapudungun, sono qui per la loro causa, ma è anche la causa di tutti appunto per i diritti umani. I preparativi sono per l’evento di domani dove sono previste decine e decine di persone tra le quali anche autorità spirituali mapuche di varie comunità, verranno da tutto il Cile. Domani, mi dicono, si potrà visitare il Machi collettivamente, in carcere si celebrerà un rito. I ragazzi del campo, come da protocollo mapuche si sono offerti di ricevere gli ospiti. Dopo aver lavorato tutto il giorno con loro per i preparativi, finalmente si è meno rigidi e siamo tutti intorno al fuoco a bere mate. Io sono nel cerchio, anche se con ancora qualche sguardo di traverso. Qualcuno mi ringrazia, io sorrido e continuo a bere mate. Sono le 2 di notte, torno a casa, questa volta saluto anch’io come fanno i mapuche.

    14 Marzo 61 giorni di sciopero della fame

    Arriva il giorno del ricevimento e della visita in carcere. Io per non essere da meno agli altri del campo mi presento alle 5 del mattino, prepariamo la colazione a base di sapapillas y tomate, pan, queso, ensalada chilena, dulces. I primi ospiti arriveranno alle 6, quindi un peñi si propone di fare il ngellpum (un rito dove si richiede alnukenforza ed energía) prima della colazione. Arrivano in tutto un centinaio di persone quasi tutte vestite con abiti tradizionali mapuche. Entrano in carcere praticamente tutti alle nove del mattino, la visita è permessa da quell’ora alle 16. Io aspetto, non so di preciso se posso o non posso entrare, se secondo il protocollo mapuche qualcuno mi deve invitare ad entrare oppure no, e soprattutto una volta dentro che cosa devo fare? Mi decido, vado a parlare con il peñi che aveva celebrato il rito la mattina e senza girarci attorno gli parlo chiaramente delle mie perprlessità. Con un sorriso mi dice “Fai quello che ti senti”… bene entro!

    Il Carcere:
    non ero mai stato prima d’ora in un carcere vero, e soprattutto mai in uno cileno. Lascio i documenti all’ingresso, con me porto una sportina di tela e la tazza di CA. I carabineros non vogliono farmi entrare con la tazza per via del moschettone, allora lo rompo ed entro. Mi perquisiscono tre volte, mi mettono un timbro a inchiostro e un altro timbro trasparente che può essere visto solo con gli ultravioletti. Passo un cancello, poi un altro e un altro: ne ho
    contati sette. Il carcere è un posto angusto, buio, fetido, i corridoi stretti e bassi. Arrivo nella sala dov’era appena terminato un rito celebrato dal Machi. Era la palestra del carcere.
    L’aria che si respira tra le persone è tesa, se non fosse per le urla dei bambini che giocano, per i mate e dolci che girano di mano in mano, sembrerebbe un funerale. Al centro della sala il Machi Celestino, è vestito con il suo
    trailonko,sulla fronte che regge quattro piume di un volatile sconosciuto. Sembra in perfetta salute se non fosse per gli occhi scavati. Prima pesava 22,5 kg di più.
    Al mio arrivo era appena terminata igillatun (rito che varia da comunità a comunità). Adesso inizia il traculum, l’equivalente di una nostra assemblea. Ci posizioniamo tutti incerchio seduti. In una estremità del cerchio ci sono due statue di legno rivolte verso il rewe del Machi e in mezzo ad esse tutti i doni portati

    https://web.facebook.com/AraucaniaOnline/videos/2015186742103432/

    dai vari lanmgen, peñi, lonko. Il Machi fa un discorso a mio avviso memorabile: si sforza di parlare per metà in mapungundun e in spagnolo, affinche` tutti possiamo capire. Parla di pace e di unione tra le comunità, ci tiene a precisare che la causa mapuche ha bisogno del sostegno di tutti. Dopo un discorso generale inizia a parlare di sé, di cosa vuol dire essere Machi, racconta del suo caso, ci dice che lui nella vita avrebbe voluto essere professore, ma essere Machi non lo si sceglie, ti capita e basta… Poi parla del perché si trova rinchiuso in carcere da piu di 5 anni e con altri 13 da scontare. Parla di come lo stato e i carbineros hanno montato tutto il caso (per saperne di più https://es.wikipedia.org/wiki/Caso_Luchsinger-Mackay).
    Infine spiega di nuovo le motivazioni che lo spingono allo sciopero della fame, siamo al giorno 62, ribatte con fermezza che fino a quando non gli sarà permesso di tornare al suo
    rewe
    non smetterà. A seguito delle sue parole invita tutti e tutte a dibattere sulla sua decisione, vuole sapere il parere di tutti, dice che lui è un uomo e come tale può sbagliare…
    Alla conclusione del traculum mi faccio coraggio e vado verso di lui, con qualche esitazione lo saluto
    e lo ringrazio per le sue parole e per il suo coraggio, come esempio  di lotta per tutti, augurandogli di uscire presto. Mi permetto a nome di tutta l’associazione di regalargli la borsina di tela e la tazza, gli dico che i principi della sua comunità e dell’intero popolo mapuche in un certo qual modo sono molto simili ai nostri (oppure il contrario?! Rido da solo).
    All’uscita dal carcere torno al campo. Sono tornato nel gruppo con la speranza di poter scambiare qualche parola, opinioni, semplicemente poter parlare di quello che era appena successo dentro il carcere.
    All’improvviso si avvicina a una lanmgen e mi dice “Tu sei l’italiano amico di Violetta?”. Io sorpreso dico “sì” e lei risponde “Bene, sapevamo del tuo arrivo, benvenuto”. Lei è Giovanna Tifilum, una delle portavoci del Machi, appartenente alla red de Apoyo de los pueblos mapuche. Una donna con una forza di volontà straordinaria. Io tempo addietro avevo contattato tramite
    FB una certa Violetta, un’avvocata cilena che vive a Cesena, e gli dissi che sarei andato a conoscere il popolo mapuche (per fortuna le coincidenze)… Finalmente tra i compagni del campo spuntano sorrisi, mi dicono “Allora non sei un paco!” (pacos sono i carabineros infiltrati). Per la gioia di essere finalmente accettato prendo la prima cosa che ho davanti, un bambino, lo getto in aria, lui mi sorride, è il figlio del Machi! Non mollare mai quando si sta lottando per una giusta causa!

    15/16/17/18 marzo 62/63/64/65 giorni di sciopero della fame.Approfitto di questi giorni per viaggiare nelle diverse comunità, conoscere i Lafquenche (gente del mare) e i Pelmewenche (gente della Cordigliera). Tutte le sere però torno al campo per dare una mano ai compagni e alle compagne. Inizia l’autunno, le piogge e il vento si scagliano su di noi, ma il fuoco resiste acceso imperterrito. In questi giorni nel campo attorno al fuoco e viaggiando ho appreso molte cose, vorrei dirvene alcune per curiosità. I mapuche hanno una legge propria AZ MAPU, tra queste vi sono contemplate l’aborto, uguaglianza assoluta tra uomo e donna, sono riconosciuti e accettati gay e lesbiche (mi dicono che il genere non lo fa l’aspetto físico), possono esserci uomini che si vestono da donne e donne che si vestono da uomini, è permessa l’eutanasia, è condannata fermamente la violenza sulle donne, La forza delle Donne va dall’utero alla terra ed è la più forte che esiste! E tanto tanto altro….

    19 marzo 66 giorni di sciopero della fame Oggi è un giorno triste per due ragioni: Questa mattina ci siamo svegliati con una chiamata dei medici che stanno assistendo il Machi, dove chiedono alle autorità carcerarie di trasportarlo con urgenza in ospedale per degli accertamenti. Il suo cuore fa fatica a battere e oramai i suoi muscoli si stanno man mano degradando. Alle 9 di mattina viene trasportato in ospedale, lo dimetteranno alla sera. Le sue condizioni sono nettamente peggiorate, ma lui ha tenuto a precisare, tramite le sue portavoci, che non
    arresterà lo sciopero della fame!
    Come seconda cosa alle 14 il sindaco di Temuco ordina alle forze speciali di sgomberare centinaia di contadini mapuche che affollano le vie del centro. Sono abusivi!!!” tuona il sindaco … non so perché ma questa storia mi suona molto familiare. Le scene che si vedono sono ridicole e ignobili allo stesso tempo: i carabineros sequestrano pacchi di frutta e vedura e li gettano nei bidoni della spazzatura. Di tutta
    risposta inizia una vera e propia sommossa contadina con lanci di verdura e casse di legno contro i carabineros. Alla fine della serata contiamo parecchi arresti. I contadini indicono una  manifestazione per domani, contro il sindaco e la sua assurda ordinanza. Assurda perché i mapuche vendono per le strade da più di cento anni e ora li vuole far “regolarizzare” con delle licenze specifiche, che a volte costano più del loro effettivo guadagno della vendita. Tutto
    questo in nome della sicurezza dei cittadini del centro.

    https://web.facebook.com/AraucaniaOnline/videos/2015186742103432/
    https://web.facebook.com/AraucaniaOnline/videos/2014169895538450/

    20 Marzo 66 giorni di sciopero della fame

    Questo è il mio penultimo giorno a Temuco, domani partirò per Santiago. Mi sveglio presto, preparo la colazione per tutti gli altri del campo, andiamo a fare le fotocopie del volantino per la giornata nazionale di appoggio al Machi Celestino prevista per giovedi’ 22 Marzo e ci
    dirigiamo per il centro. Le strade sono apparentemente tranquille, però i compagni mi fanno notare agli angoli delle strade i guanaco (idranti, qui mi dicono che nell’acqua utilizzano sostanze caustiche) e dietro di loro tutti i blindati delle forze speciali, le stesse utilizzate per gli sgomberi nelle comunità resistenti.
    In lontanaza si sentono delle grida, ci apprestiamo a  raggiungere il corteo, che al contrario di come si erano preposti i contadini e le contadine mapuche decidono di iniziare dal luogo dove sono avvenuti gli scontri il giorno prima. La testa del corteo “selvaggio” era capitanata da sole donne, che con tutta la loro forza guidano il
    corteo a suon di cori e urla di guerra
    Marri Chiweu!!! Marri Chiweu!!! Dieci volte vinceremo!!!
    Dopo aver paralizzato per quasi un’ora il traffico di Temuco il corteo
    si dirige verso la Municipalida di Temuco, dove a gran voce il corteo chiede un incontro con il sindaco.
    Verso le 14 ricevono due esponenti dei campesinos. Ad ora non sappiamo ancora cosa si siano detti, e io purtroppo devo lasciare il PC da dove vi sto scrivendo! Vi lascio con una frase che mi disse Namku (Aquila libera) che fa più o meno cosi’: "Noi mapuche non abbiamo bisogno di creare nulla, c’è già tutto… quello di cui abbiamo bisogno è di coltivare relazioni, crescere assieme e tramandare alle future generazioni la nostra cultura”

    Mari mari lanmneg y peñi! Un abbraccio a tutte e tutti ci vediamo a Bologna!

    Domenico

  • A sostegno dello sciopero globale delle donne!

    A sostegno dello sciopero globale delle donne!

    L’Associazione Campi Aperti per la Sovranità Alimentare appoggia e sostiene lo sciopero femminista dell’8 marzo, partecipando alla giornata di lotta e di visibilità per le strade di Bologna, organizzata dal movimento Non Una di Meno.

    Vi invitiamo a condividere il nostro comunicato di adesione alla mobilitazione e a partecipare all’iniziativa.

    A SOSTEGNO DELLO SCIOPERO GLOBALE DELLE DONNE!

    Anche quest’anno, in tutto il mondo, l’8 marzo sarà una giornata di lotta per manifestare il rifiuto della violenza maschile e di genere in tutte le sue forme. L’appello internazionale alla mobilitazione ha raggiunto anche Bologna, dove le compagne del movimento Non Una di Meno hanno raccolto ancora una volta la sfida di promuovere uno sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo.

    Quella dell’8 marzo sarà una giornata di sciopero femminista contro la violenza patriarcale e i ruoli di genere che questa impone. Uno sciopero per la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo. Uno sciopero contro la precarietà e le molestie sul lavoro e per un reddito di autodeterminazione che permetta di liberarsi da situazioni in cui si subisce violenza. Uno sciopero contro il razzismo – anche quello istituzionale – e per la libertà di movimento delle genti attraverso i confini. Uno sciopero contro un modello economico che sta avvelenando irrimediabilmente la nostra terra.

    L’Associazione Campi Aperti per la Sovranità Alimentare appoggia e sostiene lo sciopero femminista dell’8 marzo, partecipando a questa giornata di lotta e di visibilità per le strade di Bologna.

    Perché l’autodeterminazione alimentare è un tassello di quell’autodeterminazione per cui l’8 marzo le donne sono chiamate a scioperare.

    Perché le donne devono essere libere dalla violenza maschile e di genere in qualsiasi ambito lavorativo, anche il nostro.

    Perché l’alternativa al sistema economico dominante che cerchiamo di costruire difendendo la piccola agricoltura contadina e promuovendo una consapevolezza ecologica non potrà darsi se non sarà accompagnata dall’eliminazione della violenza maschile e di genere.

    Non ci sarà sovranità alimentare se non ci sarà anche la possibilità per tutt* coloro che rifiutano la violenza maschile e di genere di decidere delle proprie vite e dei propri corpi.

    Anche noi saremo in piazza a manifestare il nostro

    no alla violenza maschile e di genere

    insieme a Non Una di Meno!

    Ci vediamo alle 18.00 in P.zza del Nettuno!

    Accoglieremo inoltre il corteo che coinfluirà nel piazzale di XM24 con il consueto mercato del giovedì.

    There is no such thing as a single-issue struggle because we do not live single-issue lives.
    Audre Lorde

    Per info:

    Evento FB: 8 Marzo a Bologna – Sciopero Globale delle Donne

    Pagina FB Non Una di Meno Bologna

    Il sito di Non Una di Meno

  • Casa dei semi in Sardegna e “miscugli Ceccarelli”  –  report di Germana

    Casa dei semi in Sardegna e “miscugli Ceccarelli” – report di Germana

    Da venerdì 16 febbraio a lunedì 19 sono stata in Sardegna, invitata dalla rete locale di Genuino Clandestino, per parlare di quello che stiamo
    sperimentando con i miscugli "Ceccarelli". L'occasione è stata un incontro presso la "Casa dei semi", da poco inaugurata, e visto che sapete già cosa
    facciamo noi di CampiAperti con i miscugli (lo spero!) e che ho raccontato agli amici sardi, vi scrivo cosa stanno facendo loro. La Casa dei Semi è un
    piccolo spazio, una sorta di magazzino annesso all'abitazione, che una persona ha messo a disposizione per questo progetto. Si trova a Domusnovas
    Canales, nel comune di Norbello, al centro della Sardegna, in modo che possa essere raggiungibile sia dal nord che dal sud della Sardegna. Nella
    casa sono conservate in barattoli di vetro piccole quantità di sementi che le persone vogliono donare al progetto. Si tratta sia di sementi di varietà
    antiche che si sono conservate in Sardegna nei secoli come di varietà provenienti da varie parti, compresi i miscugli "Ceccarelli" di grano e
    orzo. Considerate che in Sardegna, a differenza che da noi, si sono conservate molte varietà antiche e gli appassionati che girano nei paesi
    chiedendo agli anziani se hanno sementi che si autoproducono, trovano sempre nuove varietà interessanti. Comunque la casa dei semi è aperta anche
    a varietà provenienti da altre aree italiane o estere. A chi vuole donare sementi si chiede innanzitutto di condividere solo sementi che già
    utilizzano e coltivano da almeno tre anni, e di compilare una scheda con le caratteristiche della pianta, le esigenze colturali, ecc. A chi prende le
    sementi è richiesto di restituirle l'anno successivo con almeno il 30% in più, in modo da aumentarne via via la quantità. Anche chi prende le sementi
    deve compilare una scheda, in modo che si sappia come hanno prodotto, se hanno riscontrato problemi o altro. In questo modo nel tempo insieme alle
    sementi si avrà anche una sorta di banca dati sulle caratteristiche e sull'adattamento a quella varietà in varie zone di coltivazione. Hanno
    anche in programma di utilizzarle per costituire miscugli evolutivi, e provare anche quelli.
    
    Il progetto è solo agli inizi ma mi è sembrato bellissimo, ci vorranno sicuramente molte energie per portarlo avanti e spero che ce la facciano, e
    poi la Sardegna è una terra magica, non ero mai stata al suo interno, ci avevo fatto solo qualche campeggio al mare da ragazzina, quando ancora
    esistevano le vacanze estive. Come potete immaginare sono tornata con una gran voglia di tornarci anche in estate!
    
    Germana

  • INCONTRO “SEMI BENE COMUNE?”– CampiAperti – ARI Piemonte– Crocevia Roma

    INCONTRO “SEMI BENE COMUNE?”– CampiAperti – ARI Piemonte– Crocevia Roma

    Per capire un po’ di più, collettivamente, sulla lotta per il controllo di una delle risorse più preziose dell’umanità, dalle grandi
    multinazionali ai piccoli produttori locali.
    
    Per cominciare a confrontarci, contadini e cittadini, sulla legislazione e sugli accordi che determinano il nostro reale grado di sovranità alimentare.
    
    Per cominciare a meglio definire i nostri possibili percorsi futuri e le nostre potenzialità collettive. 
    
    INCONTRO “SEMI BENE COMUNE?”– CampiAperti – ARI Piemonte– Crocevia Roma
    
    *Bologna,* *Sabato 10 febbraio,* al *Centro Interculturale Zonarelli, Via Sacco, 14, Sala Polivalente.*
    
    *é gradita l'iscrizione *  https://doodle.com/poll/i5u77nkva84f3p4r.
    
    Programma:
    
    10-13* Confronto sugli aspetti agronomici* *nell’autoproduzione dei semi*: progetto CampiAperti—Ceccarelli e altre esperienze
    
    13-14 *Pranzo condiviso:* ognuno porta qualcosa da condividere con gli altri
    
    14-17 *Confronto sugli aspetti giuridici dei semi*: diritti di proprietà intellettuale, accordi internazionali, la registrazione dei semi da
    conservazione e altre forme di registrazione – divulgazione generale e riflessioni culturali / politiche in merito
    
    E’ possibile iscriversi a tutta la giornata o ad una sua parte.