Immaginiamo che una assistenza “agroecologica” coerente con lo sviluppo delle Reti Alimentari Contadine debba avere queste basi:

– sistemiche: “i sistemi sociali e biologici hanno un alto valore agricolo”. L’agroecologo quindi deve occuparsi di assistere non solo lo sviluppo agronomico ed economico ma ancor più lo sviluppo sociale ed ecologico di un’azienda agricola, e le competenze così vaste possono essere integrate in equipe di lavoro, formate da agronomi, sociologi, biologi, geografi, pedologi, geologi, economisti, informatici e pratici.

– di rete, ovvero deve facilitare le relazioni e il passaggio di informazioni (formali e informali) da tutti gli stakeholders (produttori, ricercatori, coproduttori, amministratori), in modo orizzontale, al fine di portare ad uno sviluppo culturale oltre alla risoluzione dei problemi.

– results-based (basata sui risultati): significa che la qualità dell’azienda viene misurata su parametri agroecologici misurabili per arrivare ai quali il consulente facilita il percorso. Non quindi tecnici che compilano carte sulla base di disciplinari di produzione standardizzanti.

– territoriale: in agroecologia l’unità funzionale minima è il fondo agricolo e non il campo, visto all’interno di un sistema agricolo, ecologico e paesaggistico territoriale. Gli itinerari tecnici sono sviluppati non per coltura su una scala regionale, ma per sistemi agricoli locali, in cui le caratteristiche ecologiche e sociali sono fondamentali, e non parametri opzionali.

Queste caratteristiche sono la nostra visione. Troviamo parti di questa visione leggendo ed interpretando alcuni concetti che troviamo espressi in diversi documenti ufficiali dell’Unione Europea, come l’AKIS (Agriculture Knowledge Innovation System), il Multi-Actor Approach, i Living Labs, gli eco-schemes, ma vorremmo che le istituzioni venissero a confrontarsi di persona con le reti contadine della loro interpretazione e di come questi concetti si possano realizzare concretamente.

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