Le affermazioni dei politici conservatori che vorrebbero vietare la vendita delle infiorescenze di cannabis (con thc inferiore allo 0,6%) lasciano il tempo che trovano. Le attività che producono e vendono derivati della canapa lo fanno seguendo normative specifiche che disciplinano il settore e sono soggette ai controlli che le leggi prescrivono. Per cambiare una legge c’è bisogno della votazione del parlamento, un governo può fare molto poco senza passare dal parlamento e le banali circolari (del 31/07 e del 9/05)  emanate in merito dal ministero dell’interno dimostrano la sua impotenza. Fa come al solito propaganda elettorale (e nel caso specifico non gli è andata neanche tanto bene, considerando che l’argomento è stato dibattuto sui media per 24 ore e poi è caduto nel dimenticatoio). Le leggi le fa il parlamento, i giudici le interpretano e i politici (nessuno escluso) blaterano. Una volta che la legge 242/16 è stata emanata e permette la produzione di canapa ad uso florovivaistico spetta solo ai giudici di cassazione interpretarla nel momento in cui viene messa in dubbio la legittimità della vendita di derivati della canapa da parte di qualche procuratore o questore arrivista. Fino ad oggi i processi per sequestri di derivati di canapa sotto lo 0,6% di THC che sono arrivati in cassazione hanno avuto esiti positivi e la merce è stata dissequestrata, in un paio di casi (su decine) è stata dichiarata la legittimità della vendita solo fino allo 0,2%. L’interpretazione della legge da parte della giurisprudenza è quindi ciò che realmente conta. Per ovviare alla discrezionalità dell’ interpretazione della 242/16 da parte di ogni sezione di cassazione i giudici si riuniranno il 31 maggio corrente a “sezioni riunite” per stabilire un indirizzo di interpretazione valido per tutte le sezioni di cassazione, riguardo la commercializzazione dei derivati di canapa con THC fino allo 0,6%. I lavoratori del settore sono generalmente ottimisti riguardo questa sentenza, perché (come si sono già espresse la maggior parte delle sezioni di cassazione) sarebbe illogico stabilire la vendita fino allo 0,2% quando la novità fondamentale apportata dalla legge 242/16 è stata proprio la creazione di una soglia di tolleranza fino allo 0,6%, per permettere ai coltivatori italiani di poter lavorare (nel sud europa il thc sale per via della maggior esposizione ai raggi ultravioletti), inoltre sarebbe illogico interpretare una normativa il cui fine è stimolare la produzione di canapa, considerando illecita la vendita del prodotto che la normativa intende promuovere. Il processo di legalizzazione di questa pianta è cominciato ed è inarrestabile, ciò che prima era parte di una “sottocultura” e connotato da valori ideologici oggi sta diventando conosciuto ed apprezzato anche dagli appartenenti alla “cultura dominante” che fino a ieri erano accecati dai pregiudizi dettati dall’ignoranza e dalla propaganda proibizionista. Come il caso statunitense insegna ciò che influenzerà maggiormente le scelte dei politici nell’attuazione della liberalizzazione della Cannabis sarà l’enorme profitto per le casse dello stato che la legalizzazione si porterà dietro. Per questo anche questo processo di legalizzazione può essere un freno alla vera liberazione di questa pianta. Vi è il rischio che da prigioniera del proibizionismo passi ad essere schiava del capitalismo. I mercati di Campi Aperti e l’autoproduzione fungono da freno a questa deriva.
Giacomo “Canva”
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