palestina

CampiAperti partecipa a un progetto di scambio con realtà agricole palestinesi organizzato dalla ong Overseas. Germana e Angela sono partite sabato 22 febbraio per Ramallah. Ecco  il report del primo giorno di incontri.

In mattinata siamo andati a parlare con il direttore generale del PAR (Agricolture Development Department). Palazzo elegante, ufficio elegante al sesto piano, segretaria, the e pasticcini… Ci siamo presentati e lui ci ha illustrato le difficolta dei contadini palestinesi (oltre al fatto che gli tolgono la terra, non si possono spostare liberamente nel loro territorio, gli israeliani costruiscono muri intorno ai loro villaggi e prendono le sorgenti per cui non hanno acqua altre quisquilie di questo genere).
Il mercato e gestito da intermediari  che spesso acquistano prodotti israeliani, che sono abbondanti, belli e a prezzi concorrenziali . I produttori locali hanno aziende molto piccole (spesso meno di mezzo ettaro), senza acqua, senza possibilita di conservazione post raccolta. Non c’e interesse per il bio, sia da parte dei consumatori che dei produttori, che non possono accedere ai mezzi tecnici bio (biopesticidi ecc,) e neanche alla certificazione. C’e interesse per il prodotto locale (chiamato baladi), I consumatori  palestinesi lo scelgono purché abbia un prezzo simile al prodotto israeliano e la stessa.
Il PARC ha promosso un progetto per il bio, ma e esclusivamente per soddisfarela richiesta per l’esportazione, in pratica I consumatori europei di prodotti del commercio equo chiedono il bio, e quindi loro si stanno attrezzando per produrre olio e cous cous certificati per il commercio equo. Per ridurre I costi di certificazione fanno una certificazione cooperative. In pratica certificano la cooperative la quale si fa garante per I produttori. Comunque non c’e un mercato interno per il bio, mentre ci sono delle possibilita per il prodotto baladi (locale).

Nel pomeriggio siamo state a Nablus. Per andare da Ramallah a Nablus abbiamo percorso una strada sotto il controllo israeliano, per noi accessibile in quanto appatenenti a una ong. I palestinesi hanno un’altra strada, che viene interrotta dagli israeliani quando gli tira.  Al check point soldatini israeliani annoiatissimi, face da bambini e mitra al collo. Lungo la strada vediamo le colonie istraliane, villette a schiera sulle cime delle colline, recinti tutto intorno, a volte pezzi di uliveto, gli alberi sono vecchi, non possono averli piantati loro chi li ha piantati, o I suoi nipoti, li vede adesso oltre il filo spinato…Vediamo campi coltivati da palestinesi,  colline sassose, a volte terrazzate, con ulivi e alcuni mandorli, adesso fioriti, e nei fondo valle piccoli appezzamenti a cereali o legumi. Tutto senza irrigazione.
Sulla strada le fermate del bus, la pensilina e per gli israeliani, i palestinesi devono stare a cinquanta metri minimo, non possono neanche avvicinarsi alla fermata, vediamo un giovane palestinese che aspetta il bus da una parte, e il gruppetto di israeliani sotto la pensilina.
A Nablus passiamo davanti I grandi edifice dell’universita palestinese, tantissimi giovani…Andiamo alla sede dell’YDA, Youth Development Association, una specie di boy scout. Hanno partecipato con Slow Food a Terra Madre e adesso organizzano ogni anno un Terra Madre Day dove cucinano prodotti locali con ricette tradizionali. Fanno lezioni nelle scuole dove parlano di cibi locali e biodiversità. Vorrebbero fare qualcosa per I contadini, vorrebbero fare una sorta di agricoltura urbana nei campi profughi, dove non c’e’ terra. Abbiamo parlato delle nostre esperienze.
Poi una breve visita a Nablus, al suq e alla citta’ vecchia, bellissima e viva, purtroppo il tempo e’ poco, non possiamo fermarci piu’ a lungo.

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