Ero all’università, primi anni 2000. Del mondo alternativo avevo scoperto il commercio equo e solidale, argomento poi della mia tesi di laurea.
Mi ricordo una delle prime volte in cui ho incontrato contadini e attivisti di quella che in seguito è diventata l’associazione Campiaperti. Si trattava di un incontro sull’economia solidale nelle aule di Economia in via Mascarella. C’erano volontari del commercio equo, produttori biologici e consumatori critici, tutti proponevano una via pratica, che portava la politica nel quotidiano.
Quella era una strada per me. Amavo le scienze sociali, la geografia umana, e proprio in quel periodo capivo che quella che mi interessava era la politica con la “p” minuscola, fatta di mani ruvide, facce, azioni concrete, cibo e terra.
Era il periodo delle ispirazioni di Veronelli in Terra e Libertà/critical wine, libro che forse acquistai proprio quel giorno. Ricordo che leggerlo fu come trovare la strada di casa: le riflessioni sul prezzo sorgente, i primi racconti di esperienze di agricoltura e trasformazione di prodotti di qualità, fuori dai supermercati, lavoro libero e autogestito, che avesse senso per la terra e le persone. Campi e  mercati come laboratori di autonomia dai poteri delle multinazionali, dei governi, di leggi e confini disumani…

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