Avevo 17 anni e mi trovavo dall’altra parte dell’oceano a frequentare un anno di liceo, quando mia sorella mi raccontò che degli amici avevano aperto una “ciclofficina popolare” con l’idea che chiunque potesse andarci e aggiustarsi la bici senza dover pagare nessuno per farlo, dove si potevano trovare pezzi di ricambio di seconda mano e dove, se c’era bisogno, c’era chi poteva aiutarti a risolvere il tuo problema. Dall’altra parte dello schermo, facevo fatica ad immaginarmi davvero cosa significasse quel che mi raccontava, immersa nella quotidianità americana, consumistica e squallida come ce la immaginiamo…
Pochi anni dopo mi sono trasferita a Bologna per gli studi. Una delle prime sere mi sono ritrovata un po’ per caso in un’assemblea: ero a XM24 e quella era l’assemblea settimanale di gestione dello spazio. Quasi subito ho messo piede nella famosa “ciclofficina popolare”, da cui, tra l’altro, proveniva la bicicletta che mi era stata regalata l’anno prima, vinta ad una “ciclolotteria”. Era un posto unico, di cui mi innamorai all’istante. Se avevi un problema alla bici, non era scontato che saresti tornato a casa con la bici funzionante, ma certamente ne saresti uscito contento, perchè avevi trovato un luogo dove poterti sporcare di grasso ed imparare che se le ruote girano è grazie ad una serie di sferette, che «tutto va avvitato in senso orario, tranne il pedale sinistro»… Nel delirio della ciclofficina, c’era sempre qualcuno che poteva darti dei consigli su come procedere e così, pian piano, la bici l’avresti riparata tu con immensa soddisfazione e senza in cambio alcun denaro. Era rincuorante uscire dall’università, situata in periferia in mezzo ad un deserto di cemento grazie alle politiche degli ultimi anni, e sapere che lì vicino c’era la ciclofficina dell’XM24, dove poter passare il mercoledì sera, incontrando persone e amici. Nello stesso luogo scoprii ben presto che il giovedì c’era un mercatino di contadini che coltivavano prodotti biologici e allora quello diventò il secondo appuntamento fisso della settimana. Non avevo mai visto nulla di questo genere, essendo nata e cresciuta in una valle alpina circondata principalmente da coltivazioni intensive di mele… Il terzo appuntamento fisso diventò il mercatino del martedì allo spazio VAG61, organizzato anch’esso da CampiAperti. Pur abitando dalla parte opposta della città ero disposta e ben contenta di pedalare carica come un mulo fino a casa. In quel periodo, i contadini della rete non erano numerosi come adesso e quando arrivavano i mesi invernali, bisognava correre all’apertura del mercato per sperare di accaparrarsi una verza o un cavolo cappuccio. Solo così imparai la stagionalità dei prodotti, perchè fino a quel punto, come la maggior parte delle persone, avevo dato per scontato di poter mangiare zucchine e pomodori a gennaio come a luglio…
Posso dire che senza XM24, senza CampiAperti e senza spazi sociali in generale, il mio percorso di crescita sarebbe stato diverso e probabilmente più povero. Soffro nell’assistere ad una sistematica privazione dall’alto della possibilità di attraversare luoghi e di incontrare persone che rappresentano una tale ricchezza e mi dispiacerebbe se l’ennesima dimostrazione succedesse a XM24

Grazie mille a Costanza Martina

https://www.campiaperti.org/wp-content/uploads/2017/03/1174900_10201952705483535_1193095112_n.jpghttps://www.campiaperti.org/wp-content/uploads/2017/03/1174900_10201952705483535_1193095112_n-150x150.jpgLingua predefinita del sitoMercati, alimentazione e saluteAvevo 17 anni e mi trovavo dall'altra parte dell'oceano a frequentare un anno di liceo, quando mia sorella mi raccontò che degli amici avevano aperto una 'ciclofficina popolare' con l'idea che chiunque potesse andarci e aggiustarsi la bici senza dover pagare nessuno per farlo, dove si potevano trovare pezzi...Agricoltura biologica e mercati contadini per l'autogestione alimentare