Summary Report WHO-FAO: un favore all’agribusiness

Comunicato ISDE Italia a cura di Carlo Modonesi e Celestino Panizza, coordinatori gruppo di lavoro sui pesticidi

Il 16 maggio 2016 è stata data diffusione al Summary Report del meeting congiunto di esperti WHO-FAO, convocato per esprimersi sul rischio associato ai residui alimentari degli insetticidi diazinon e malathion, e dell’erbicida glyphosate. Il 20 marzo 2015 questi composti erano stati formalmente inseriti da IARC nel gruppo 2A, in quanto “probabili cancerogeni per l’uomo”.

Il panel WHO-FAO ha concluso che è improbabile che il diazinon costituisca un rischio cancerogeno per l’uomo.

Analogamente, per quanto riguarda il malathion e i suoi metaboliti, il gruppo di esperti, pur riconoscendo alcune evidenze di cancerogenicità (linfomi non Hodgkin e cancro della prostata) emerse da studi epidemiologici e sperimentali, ha concluso che l’insetticida assunto con gli alimenti non comporta un rischio di cancerogenicità per l’uomo.

Nel Report si legge che nemmeno il glyphosate assunto per via alimentare costituisce un rischio cancerogeno per l’uomo, e si stabilisce che la dose quotidiana accettabile di assunzione (ADI: Acceptable Daily Intake) è 0-1 mg/kg di peso corporeo.

Il glyphosate è l’erbicida più utilizzato su scala globale, per cui la valutazione di cancerogenicità espressa da IARC nel 2015 ha suscitato forti preoccupazioni nel mondo sociale e la richiesta di mettere al bando l’erbicida da parte di molte associazioni europee.

Di contro, le imprese produttrici dei pesticidi in questione hanno replicato con campagne mirate a screditare il parere tecnico-scientifico espresso da IARC nel 2015, nel chiaro tentativo di evitare che la procedura europea per il rinnovo dell’autorizzazione commerciale dell’erbicida fosse bloccata.

Dopo la pubblicazione della monografia di IARC elaborata con metodologia rigorosa, utile a tutelare la safety alimentare (e non solo alimentare), le agenzie regolatorie si sono affrettate a sconfessare la valutazione del glyphosate effettuata da IARC e a raccogliere le istanze di parte avanzate dall’agro-industria: a tale proposito, si veda EFSA Journal, 2015;13(11):4302.

Anche in questo caso, si deve rilevare che la commissione congiunta di esperti WHO-FAO si è espressa con perfetto tempismo sul rischio cancerogeno del glyphosate (oltre che del diazinon e del malathion) in pieno contrasto con le conclusioni di IARC, peraltro stabilendo un’ADI addirittura di oltre un ordine di grandezza superiore rispetto a quanto indicato dal Report di EFSA richiamato sopra. www.isde.it

Va peraltro segnalato che la stampa internazionale (http://www.theguardian.com, UN/WHO panel in conflict of interest row over glyphosate cancer risk) ha prontamente denunciato il conflitto di interessi che coinvolge direttamente i coordinatori del panel WHO-FAO che ha pubblicato il Summary Report.

ISDE Italia, che già aveva stigmatizzato il Report di EFSA (con una lettera al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina datata 4 dicembre 2015), in quanto viziato da numerose forzature di metodo e di contenuto e basato su argomentazioni non sostenute dalla letteratura scientifica, giudica in modo altrettanto critico l’iniziativa congiunta WHO-FAO.

Di fatto, il Summary Report WHO-FAO fa proprie le conclusioni di EFSA, con alcune aggravanti. Anzitutto i composti oggetto di valutazione vengono considerati unicamente in relazione all’effetto cancerogeno, senza tenere conto delle evidenze scientifiche circa la tossicità per altri end-point sanitari. Nel documento, infatti, si allude accidentalmente alle scarse conoscenze odierne sugli outcomes diversi dal cancro (effetti teratogeni, neurotossici, metabolici, riproduttivi, ecc.) indotti dal glyphosate, liquidando con affermazioni sommarie un punto sostanziale delle possibili criticità (in termini di salute pubblica) dovute al composto.

Inoltre, il gruppo di esperti WHO-FAO limita le proprie valutazioni agli effetti genotossici dell’erbicida, ritenendo evidentemente che la genotossicità sia l’unico indizio precoce della cancerogenesi. È invece ormai ampiamente riconosciuto che il processo di cancerogenesi può evolvere attraverso altre vie, per esempio quella ormonale, come dimostrato dagli esiti neoplastici dell’esposizione a molti composti non genotossici. Non a caso, il glyphosate viene descritto da una ricca letteratura scientifica come “interferente endocrino”.

Nulla viene detto del fondato sospetto, documentato dalle indagini di tossicologia sperimentale, che il glyphosate sia dannoso per l’attività enzimatica e ormonale di molti tipi cellulari nei mammiferi, e anche i dati sull’epatotossicità e sulla nefrotossicità emersi da studi condotti a livelli di contaminazione alimentare analoghi a quelli stabiliti dalle odierne norme europee sul rischio accettabile vengono accuratamente elusi.

Infine, si rileva il più totale disinteresse per la mole di prove scientifiche che testimoniano gli effetti deleteri del glyphosate sulla biodiversità, e in particolare sulle faune vertebrate e invertebrate e sulle flore microbiche di molti ecosistemi acquatici e terricoli che oggi vengono ritenuti fondamentali per la buona salute della biosfera, della popolazione umana e della stessa agricoltura.

Si configura, anche nelle conclusioni del documento WHO-FAO, un grave limite nel valutare con la dovuta obiettività le conoscenze scientifiche oggi disponibili sugli effetti del glyphosate. Va comunque rilevato che laddove fossero presenti incertezze per la carenza di dati o per la presenza di dati borderline, i governi, le agenzie regolatorie e l’industria dovrebbero farsi carico di promuovere ricerche indipendenti che consentano un definitivo e solido risk-assessment; nel caso in cui la cancerogenicità e/o altri effetti patologici fossero confermati, sarà obbligatorio un bando globale di questo erbicida, unica garanzia di prevenzione efficace.

ISDE Italia ribadisce che un approccio scientifico corretto deve basarsi sul sostegno fornito da dati di letteratura facilmente accessibili e verificabili, nonché su una loro rigorosa interpretazione, così come è necessario continuare a studiare gli effetti del glyphosate in particolare su embrioni, feti e bambini.

Istituzioni di profilo sovrannazionale come WHO e FAO dovrebbero adottare un percorso di valutazione contraddistinto dalla trasparenza oltre che dall’indipendenza.

La valutazione IARC del 2015 resta l’unico documento trasparente e attendibile in materia di valutazione delle implicazioni di interesse sanitario-oncologico generate dal glyphosate.

La Commissione europea e tutti i Governi nazionali dell’Unione europea dovrebbero tenerne conto nei processi decisionali che attengono a tale materia.

Arezzo, 30 Maggio 2016

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